26 Aprile 2024

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Acate. Lenta agonia del fiume Dirillo.

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Salvatore Cultraro, Acate, (Rg) 28 febbraio 2019. – Il fiume Dirillo, o Acate, che attraversa la fertilissima omonima valle sita ai piedi della cittadina iblea,  intensamente coltivata ad agrumeti, carciofeti, vigneti ed ortaggi in serra, rischia di morire. Causa del suo lento e  continuo degrado, con conseguente distruzione della  fauna e  della flora, i pesticidi usati in agricoltura, la mancanza di alberi e canneti, in  gran  parte abbattuti  per l’allargamento dell’alveo e, cosa  ben  più  grave, l’incuria  e l’indifferenza di chi dovrebbe salvaguardarlo. Eppure il fiume Dirillo riveste una notevole importanza per la provincia di Ragusa,  non solo  perchè ne segna il confine con quella di Caltanissetta ma,  soprattutto, in quanto,  per le sue dimensioni e per quelle del suo bacino idrico, costituisce una importantissima emergenza ambientale. Purtroppo la pressione antropica che si è esercitata sul bacino (coltivazioni intensive, massiccia  presenza di serre ed abusivismo edilizio) ha compromesso  seriamente le peculiarità naturalistiche che ancora oggi lo caratterizzano. Un grande patrimonio, ambientale, storico e paesaggistico, caratterizzato dalla presenza di importanti stazioni di transito per  la  fauna  migratoria, di  zone per la riproduzione della tartaruga Carreta- Carreta, di una ricca flora fluviale e di numerose vestigia del passato, che rischia  quindi inesorabilmente di essere perso. La parte del suo lungo percorso, il Dirillo, infatti, si snoda per circa 50 chilometri dal Monte Lauro al Mediterraneo, maggiormente compromessa, è quella compresa tra il Ponte del Mulino Vecchio e la foce, in pieno territorio  acatese. Rifiuti di ogni  genere, plastica, contenitori di  pesticidi, carcasse di animali e scarti della produzione agricola, galleggiano sull’acqua formando spesso  delle vere e proprie dighe. Una fine indubbiamente  indecorosa per quello che è stato nell’antichità uno dei più importanti fiumi della Sicilia, decantato da Plinio, da Silius Italicus e da altri noti autori e documentato dalla presenza, sugli altopiani che lo costeggiano di numerose vestigia del passato. La sua portata, inoltre, in passato dovette essere considerevole tanto che il geografo Camillo Camiliani, nella sua opera: “Descrizione della Sicilia”, edita nel XVII secolo, parlando  del Dirillo così lo descrive: “le acque di questo besteriano commodamente per sessanta galere…”.

 

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