19 Aprile 2024

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Cosa ci insegna Christian Greco ex “talento” in fuga direttore del Museo egizio di Torino.

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TORINO. 14/02/2018
Se non molti fino a sabato scorso conoscevano Christian Greco ed ora tante persone in più sanno chi è, bisogna essere contenti, quali che siano le ragioni, o l’incidente, che lo hanno consentito.
Non ci interessa qui soffermarci più di tanto sull’episodio in se: il tour elettorale di Giorgia Meloni a Torino, la sua denuncia di razzismo contro gli Italiani per lo sconto offerto dal Museo egizio ai cittadini di lingua araba, la risposta del direttore del Museo, Chritian Greco appunto, vicentino, nato da padre ragusano, il quale, sceso in piazza dal suo ufficio, a viso aperto, le ha detto: .
Il caso ci interessa soprattutto per quanto riesce a svelarci sulla condizione di tanti giovani, spesso “cervelli” e talenti in fuga, emarginati nel nostro Paese e indotti ad andare all’estero. Il che non lede solo il loro diritto e la loro speranza di vivere nei luoghi in cui sono nati e che magari amano più di ogni altro, ma annienta il futuro stesso dell’intero Paese, come Nazione, come Stato, come Popolo.
Christian Greco nel 2014, a 39 anni, quasi sconosciuto in Italia, è stato prescelto per dirigere il Museo di Torino che è il più antico museo egizio del mondo, il secondo per importanza dopo quello de Il Cairo, ed il più grande museo archeologico italiano. Prescelto tra 101 candidati, oltre metà dei quali stranieri e tutti dal solidissimocurriculum internazionale. Christian di titoli da esibire, tutti acquisiti sul campo, ne ha avuti di ancora più convincenti. Frutto dei 17 anni trascorsi all’estero, come tanti giovani ricchi di passione e di talento cui l’Italia da decenni sbatte le porte in faccia.
Una passione ed una scelta di vita per il piccolo Christian, turista a 12 anni con il papà architetto e la mamma negoziante, nella Valle dei Re. Una scelta difficile, sconsigliata dai genitori e dai suoi stessi maestri.
L’Erasmus, in Olanda, la svolta. Un’esperienza durissima, perché allo studio, anche del nederlandese (necessario per insegnare latino e greco in questa lingua, una delle più difficili al mondo), accompagnò il lavoro notturno di pulizia nella stazione e il servizio di guardiano in un hotel le notti di fine settimana: .
Quell’esperienza vissuta a Leiden dal ventunenne Christian gli valse una campagna di scavi, con l’impegno a pubblicare tutti i materiali metallici raccolti nei pressi di Aleppo.
«Complimenti, state per cominciare a studiare la disciplina più bella del mondo, sappiate però che nessuno di voi troverà un lavoro» gli aveva detto all’inizio della prima lezione il professor René Van Walsen. Ma Christian non si è arreso ed ha scelto di vivere la vita per cui è nato: essere egittologo, fare l’egittologo.
Nei 17 anni fuori dall’Italia, per sostenersi è stato anche direttore d’albergo (perché il suo talento contempla anche doti di manager)ma sempre e solo per potersi dedicare anima e corpo alla sua passione. E realizzare così una serie importante di pubblicazioni scientifiche apprezzate in tutto il mondo, insegnare nei “templi” dell’egittologia mondiale, curare una delle collezioni egizie più importanti d’Europa, nella città olandese che lo ha accolto, lo ha formato, lo ha reso il se stesso di cui, a Vicenza, in Italia, avrebbe dovuto spogliarsi, come, amorevolmente, lo esortavano a fare i suoi stessi genitori.
I risultati straordinari conseguiti come giovanissimo direttore del Museo delle antichità di Leiden, tra lezioni tenute in ogni parte del mondo e campagne di scavi tra le radici della civiltà che lo ha “stregato”, ne hanno fatto il candidato che quattro anni fa, la “Fondazione delle Antichità egizie di Torino” ha voluto porre alla guida del Museo, poco prima del raddoppio dei suoi spazi.
Una realtà prestigiosa alla quale Greco ha messo le ali, raddoppiando i visitatori fino ad un milione l’anno, moltiplicando gli incassi giunti a dieci milioni, e realizzando utili per 800 mila euro l’anno.
Senza contributi pubblici ne ha fatto un grande centro di ricerca, una sorta di agorà aperta, con progetti di public archeology e digitalizzazione degli archivi, capaci di far viaggiare nel mondo i gioielli di un museo, unico dopo quello de Il Cairo.
In questa strategia da egittologo di livello internazionale e da managerbrillante, il primo cruccio di Christian è di portare dentro il Museo – da ogni luogo del pianeta, da ogni condizione sociale – quante più persone possibili. Per questo periodicamente lancia le sue promozioni intelligenti, per le coppie nel giorno di San Valentino, per chiunque nel giorno del compleanno, per giovani, anziani, studenti, gruppi, di cui studia e sollecita il potenziale interesse.
Per tre mesi ha lanciato lo sconto per le persone di lingua araba, quelle che hanno o hanno avuto l’antico Egitto vicino casa ma che per varie ragioni non lo hanno potuto incontrare. Tutto qui.
Ma Giorgia Meloni ne fa la scoperta solo ora, in tour elettorale, attratta unicamente da quello “sconto razzista” che ritiene rivolto a persone “di fede musulmana” e non “di lingua araba”, tra le quali quindi anche tanti cristiani e seguaci di altre confessioni, come invece, inequivocabilmente, chiarisce la promozione.
Ma questo è il problema dell’Italia, il luogo in cui il talento e l’applicazione quasi mai regalano successi, tranne che in politica. Dove basta solo la seconda.
Ed è questa politica a mettere in fuga il talento e i tanti giovani che lo possiedono, ignara del fatto che formare i giovani attraverso le scuole, dall’infanzia all’università, ed investire su di loro ingenti risorse per poi – appena prima di raccoglierne i frutti – disfarsene, significa, semplicemente, imporre all’Italia un colossale suicidio collettivo.

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