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“Dove c’è impresa c’è lavoro”: Per i Consulenti del Lavoro necessario ripartire da imprese e da made in Italy

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MARINA CALDERONE

Roma, 9 ottobre 2015 – Ripartire dalle imprese e dal made in Italy in quanto elementi costitutivi dell’ economia italiana. E’ questo il messaggio lanciato dai Consulenti del Lavoro, riuniti a Ivrea, in provincia di Torino, per riflettere su come rimettere al centro l’uomo e il suo lavoro, ricreando quelle condizioni di benessere “postindustriale” che possano favorire maggiore occupazione e, di conseguenza, una nuova ripresa del Paese.
A far da cornice all’evento le Officine H di Ivrea, luogo simbolo della produttività e dell’industria italiana degli anni ‘50, quando l’edificio ospitava 50.000 dipendenti alle prese con macchine da scrivere e da calcolo targate Olivetti – “colosso” industriale italiano del secondo dopoguerra – per poi diventare, qualche decennio più tardi, luogo simbolo di declino aziendale. Tra il 1952 e il 1960 la Olivetti aveva aumentato i suoi dipendenti da 6000 a 35.000, di cui circa il 60% in Italia; poteva contare su 11 fabbriche, di cui 6 all’estero, e 18 consociate. Tra il 1948 e il 1960 la produzione era aumentata di dieci volte, le vendite sul mercato interno di sei volte e quelle all’estero di diciassette volte. Non calcolabile l’aumento dei primati e dei premi: nel suo campo, la Olivetti era prima in Europa e seconda nel mondo, finché dal 1975 il bilancio passò in rosso.
Come accade oggi, anche in quel periodo bisognava fare i conti con la stagnazione del mercato e la Olivetti, che aveva deciso di aprirsi al settore elettronico, aveva bisogno di risorse e nuovi strumenti su cui investire per poter sopravvivere ad un futuro così incerto. Ad inizio degli anni ‘80 si posero le basi per un nuovo modello di sviluppo, fondato sulla produzione di personal computer e sull’ampliamento dei prodotti. Sviluppo fermatosi verso la metà degli anni ‘90, quando la Olivetti fu colpita da una grave crisi produttiva causata dall’intensificarsi della competizione globale, della caduta dei prezzi e della debolezza del mercato europeo, ed italiano, rispetto a quello internazionale; tutti fenomeni per i quali non vi è stata un’adeguata politica industriale che avrebbe permesso all’Olivetti di mantenere leadership e quote di mercato. Il personale, che dai 48.000 del 1985 era risalito a 56.000 dipendenti (di cui 28.000 in Italia), subì un’enorme amputazione, concordata con i sindacati e con il governo: in soli tre anni, tra il 1991 e il 1993, i licenziati furono 21.000, di cui 10.000 in Italia.
Adriano Olivetti, all’inizio della Sua avventura considerava la sua fabbrica “a misura d’uomo, perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza”, allo stesso modo i Consulenti del Lavoro si sono lasciati ispirare positivamente da questi spazi, evocatori di sviluppo, di crisi e di continuo cambiamento, attraverso una giornata di formazione, confronto e proposte sul futuro del Paese, facendo sì che la cultura del lavoro non sia solo un concetto da
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apprendere, ma da realizzare concretamente per rimettere in moto il sistema economico e produttivo italiano.
A margine dell’evento, la Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone ha così commentato: “La dignità dell’uomo si realizza quando ha la possibilità di esprimere il suo talento, anche lavorativo, all’interno di una realtà che soddisfi le sue aspettative di vita e i suoi valori. E noi Consulenti del Lavoro ci adoperiamo ogni giorno per raggiungere questo risultato”.

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