24 Aprile 2024

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Lavoro: Da inizio crisi a oggi persi 657mila occupati. Nell’ultimo anno lieve ripresa, soprattutto al Sud

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Analisi Centro studi ImpresaLavoro

Nel periodo 2008-2015 il numero dei lavoratori occupati in Italia è complessivamente calato di 656.911 unità: ben 486mila posti di lavoro sono stati persi al Sud e nelle Isole, 249mila nelle regioni del Nord, mentre il Centro (grazie ai 116mila posti di lavoro in più registrati in Lazio) fa segnare un dato in controtendenza, +78mila. Poche regioni italiane hanno oggi livelli occupazionali vicini a quelli fatti segnare prima della crisi. Ad essere sopra i livelli del 2008 ci sono due regioni: oltre al Lazio, infatti, solo il Trentino Alto Adige ha visto in questi anni aumentare il numero dei propri occupati (+20mila). Lo rivela una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro, realizzata su elaborazione di dati Istat (http://impresalavoro.org/crisi-persi-656mila-posti-nellultimo-anno-lieve-ripresa-sopratutto-sud/).

In termini percentuali ad aver risentito maggiormente della crisi è stata la Calabria, dove sono andati in fumo il 14,83% dei posti di lavoro. A seguire il Molise (-10,52%) e la Sicilia (-10,22%). Al Nord la regione che ha sofferto di più in questi anni è il Friuli Venezia Giulia (-4,52%), seguita dal Veneto (-4,23%) e dalla Liguria (-4,01%). La Lombardia (-0,66%) è sostanzialmente ai livelli di occupazione fatti riscontrare prima della crisi, mentre il Trentino Alto Adige riesce addirittura a far crescere del 4,19% i propri occupati. Un dato in controtendenza rispetto al trend nazionale e più in particolare rispetto alla condizione del resto del nordest del Paese.

L’analisi di ImpresaLavoro rivela che l’ultimo anno ha confermato il trend di recupero dell’occupazione iniziato nel 2014. I dati al terzo trimestre 2015 fanno segnare complessivamente un aumento di 154mila occupati su base annua, con una composizione per regione della nuova occupazione che questa volta sembra premiare il Sud del Paese. In valori assoluti la regione in cui si sono creati più nuovi posti di lavoro è la Puglia (+38mila700), seguita dalla Toscana (+23mila200), dalla Sicilia (+19mila600) e dalla Sardegna (+18mila200). Rimane drammatica la situazione della Calabria che nei primi nove mesi del 2015 perde ulteriori 13mila400 posti di lavoro, rimanendo la regione italiana più colpita dalla crisi dell’occupazione in questi anni e l’unica tra quelle del sud a non registrare alcuni segnale di ripresa. Al nord crescono sensibilmente Liguria (+12mila) e Lombardia (+8mila500 occupati), mentre arretra il Veneto che perde 10mila800 posti di lavoro nel solo 2015.

In termini di variazione percentuale degli occupati, la miglior performance regionale è quella della Basilicata (+3,5% in un anno), seguita da Puglia (+3,39%), Sardegna (+3,33%) e Umbria (+2,34%). Al nord la regione in cui l’occupazione è andata meglio nell’ultimo anno è la Liguria (+2,01%) mentre il Veneto fa segnare un piccolo arretramento degli occupati sull’anno (-0,52%). I nuovi posti di lavoro sono quindi stati creati principalmente al Sud e nelle Isole (89mila posti pari al 57,9% del totale dei nuovi occupati) mentre al Nord si sono registrati 34mila nuovi occupati (22,2%) e al Centro 31mila circa (19,9%).

«Parallelamente a quando accade con il Pil, anche l’occupazione nel nostro paese è ben lontana dai livelli pre-crisi» osserva l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Cetro studi ImpesaLavoro. «La ripresa in atto è debole e rischia di non tradursi in un sensibile recupero dei posti di lavoro che si sono persi dal 2008 ad oggi. Nell’ultimo anno il combinato di Jobs Act e decontribuzione ha garantito un aumento dell’occupazione di 150mila unità, a ulteriore dimostrazione che i benefici fiscali e contributivi garantiti alle nuove assunzioni a tempo indeterminato sono serviti principalmente a trasformare contratti. Alcuni timidi segnali di ripresa, tuttavia, si intravedono: al sud si è quantomeno fermata l’emorragia di occupati anche se non si può dimenticare che nel mezzogiorno del paese la crisi ha bruciato il 10% dei posti di lavoro esistente. E questo in territori con tassi di occupazione generale già straordinariamente bassi».

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