19 Aprile 2024

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Quotidiano on-line

Riflessione del Presidente degli Industriali iblei, Ing. Enzo Taverniti, su modello economico della provincia di Ragusa

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RAGUSA – Ritorna di attualità, in questi giorni, il confronto sulle problematiche e sulle prospettive del modello di sviluppo economico della provincia di Ragusa e, in quest’ambito, come Confindustria – dichiara Enzo Taverniti, presidente dell’Associazione degli Industriali iblei – riteniamo utile dare il nostro contributo per una riflessione realistica ed equilibrata, che possa alimentare il dibattito pubblico con spirito costruttivo.
Abbiamo già più volte delineato, anche in recenti occasioni di pubblico dibattito, le “nuove direttrici” di uno sviluppo capace di valorizzare – nel quadro di una forte azione di innovazione, reti di imprese, internazionalizzazione ed efficientamento energetico – il potenziale d’offerta turistica integrata della nostra provincia, la nostra agricoltura “bio”, l’enogastronomia di qualità e il patrimonio culturale quale “driver” di sviluppo locale; ciò, facendo leva sui “fondamentali”, costituiti da imprenditorialità diffusa, integrazione tra settori, attenzione alla qualità, gestione oculata delle risorse, laboriosità e coesione sociale, e non perdendo l’appuntamento con le misure di sostegno della Programmazione Regionale agli investimenti pubblici e privati.
Riteniamo, tuttavia, che non si debba trascurare, né svilire in ragionamenti preconcetti, il notevole apporto che, nonostante il persistere della crisi, hanno continuato e possono continuare a dare le attività industriali; quelle attività cioè che, utilizzando le risorse disponibili nel territorio, riescono a generare ricchezza e occupazione tramite una trasformazione manifatturiera rispettosa delle Norme e degli Strumenti di pianificazione, compatibile con le esigenze di tutela e valorizzazione dell’ambiente e coerente con la visione “integrata” che la nostra Comunità ha del proprio futuro.
Ci riferiamo, in particolare, alla valorizzazione delle materie prime del suolo e del sottosuolo, e al notevole indotto che attorno ad esse è venuto a crearsi negli ultimi decenni, ivi compresa – come elemento non esclusivo, ma sicuramente rilevante per l’economia locale – l’estrazione e trasformazione petrolchimica, nonché le lavorazioni plastiche, la produzione di materiali da costruzione, l’utilizzo responsabile del suolo agricolo per l’approvvigionamento delle materie prime destinate alla trasformazione alimentare.

Ci sembra ingeneroso, quindi, disconoscere la realtà, per nulla immaginaria, dell’industria di trasformazione ragusana quale elemento importante per il benessere del territorio, ed è in errore – afferma il presidente di Confindustria Ragusa – chi oggi canta il de profundis del comparto trasformativo e manifatturiero ibleo e la fine degli investimenti nel comparto energetico, poiché il sistema delle piccole e medie imprese ragusane, facendo tesoro delle loro esperienze durante il periodo di crisi, stanno risalendo la china diversificando produzioni, mercati e tecnologie produttive.
Vero è, piuttosto, che il crollo del prezzo del petrolio (da oltre 110 a meno di 40 dollari al barile) ha di fatto determinato, nel 2016, la riduzione dell’ammontare delle royalties (aliquota di prodotto monetizzata moltiplicando la produzione per il prezzo di vendita del greggio), ma questo non è certo da imputare alle Compagnie, che operano da anni sul nostro territorio e che assicurano buona occupazione e massimo rispetto per l’ambiente (anche a parità di produzione, infatti, le royalties del 2016 sarebbero state dimezzate, rispetto agli anni precedenti, proprio per la caduta vertiginosa del prezzo del petrolio).
Inoltre, la flessione dei nuovi investimenti è principalmente dovuta alla caduta del prezzo del petrolio piuttosto che alla diminuzione della produzione, e ciò non ha comunque impedito di realizzare investimenti significativi sul territorio: per la prima volta da anni, infatti, è stato perforato un nuovo pozzo – Irminio 6 – per il quale hanno lavorato per circa un anno oltre cento unità (operai e tecnici specializzati), e diverse Compagnie hanno avviato procedimenti autorizzativi per nuovi pozzi per sopperire in futuro a possibili cali di produzione nei giacimenti esistenti.
Anche le manutenzioni – da quanto ci confermano le Compagnie del settore – sono state regolarmente effettuate; sono state infatti eseguite sui pozzi attivi tutte le operazioni necessarie per garantire ad essi operatività e adeguate condizioni di funzionamento, e le imprese locali situate a valle o a monte della catena produttiva hanno continuato a utilizzare le Compagnie esistenti come committenti o fornitrici di prodotti e servizi, spesso di tipo “labour intensive”.
Riguardo, poi, alle polemiche sollevate in questi giorni contro i presunti danni al territorio che determinerebbe l’accoglimento, da parte del TAR, del ricorso presentato da ENI ed Edison contro alcune limitazioni imposte dal Piano Paesaggistico approvato il 5 aprile scorso, riteniamo anzitutto – “nel metodo” – assolutamente legittimo che chiunque si senta parte lesa da un provvedimento amministrativo possa ricorrere all’autorità giudiziaria affinché si pronunci in via definitiva su questioni di particolare rilevanza.
Inoltre – nel “merito” – ribadiamo che le attività di pianificazione, se da una parte devono rispondere all’esigenza di tutelare i valori paesaggistici e ambientali del Territorio, dall’altra devono consentire un approccio integrato per lo sviluppo sostenibile, che può definirsi tale solo se riesce a garantire, nello stesso tempo, la valorizzazione del patrimonio paesaggistico ma anche le attività umane da cui scaturisce la crescita economica e sociale di una comunità.
Bisogna quindi stare attenti – conclude Taverniti – a non accentuare i toni di un allarme che, pur accrescendo l’attenzione dell’opinione pubblica nei confronti dei “profeti di sventura”, non rende conto ai cittadini delle cause vere dei fenomeni e delle relative responsabilità e non fa un servizio né alla verità dei fatti, né alla maturazione di visioni e indirizzi coerenti riguardo all’impegno comune di una classe dirigente che voglia costruire un percorso di possibile rilancio dell’economia locale.

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