19 Marzo 2024

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“TRA INCONSAPEVOLEZZA E INCREDULITÀ…” di Aurora Muriana

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Aurora Muriana, Acate (Rg) 14 novembre 2020.- Si definisce “inconsapevole” chi non è informato o non ha piena coscienza di qualcosa, mentre “incredulo”, al contrario, denota una persona che si rifiuta di credere ed esita a riconoscere la validità di qualcosa. Se il primo termine configura un’azione involontaria, il secondo si riferisce ad un’azione volontaria. Altre parole potrebbero però essere utilizzate per definire alcuni comportamenti menefreghisti e strampalati che si è costretti ad osservare in merito alla pandemia (fortunatamente la cosa non riguarda la maggioranza) ma basta già soffermarsi solo sui due vocaboli su citati per sviluppare alcune riflessioni.

All’ “inconsapevolezza”, intesa come mancanza di cognizione o valutazione, si può ovviare con l’informazione, importante per sapere cosa succede intorno a ciascuno e fondamentale per conoscere fatti e situazioni anche in modo da poter creare la propria opinione a riguardo. Nulla di più semplice al giorno d’oggi: basta accendere radio e TV, leggere i giornali o navigare su internet (del resto, spopolano i servizi e gli abbonamenti ai siti d’informazione accessibili su qualunque supporto). È chiaro che occorrerebbe discriminare non solo tra le miriadi di fonti d’informazione (selezionando preferibilmente quelle certe e autorevoli) ma anche tra i vari contenuti informativi attribuendo priorità alle notizie più importanti. Eppure tanti hanno riluttanza ad ascoltare o leggere news che riguardano la pandemia, stanchi di apprendere le informazioni televisive, web e via social perché stufi e stressati. Per non ignorare una questione così grande che l’umanità sta vivendo basta selezionare almeno le informazioni essenziali, utili per sapere come comportarsi. Volendo scomodare la matematica ricorrendo al concetto di ipotesi, che nell’enunciazione di un teorema è la proprietà che si suppone vera e dalla quale si arriva alla tesi mediante dimostrazione, occorre ammettere l’esistenza di qualcosa per cui agire in una certa direzione. Appare chiaro che coloro che negano l’esistenza del COVID-19 e che ne sottovalutano la gravità non vedranno mai la necessità di adeguamenti alle norme obbligatorie e a quelle fortemente raccomandate lasciate, quanto all’applicazione, al buon senso delle singole persone. Nel caso del SARS-CoV-2 non si tratterà certo della gravità della peste o dell’influenza spagnola ma c’è molta contagiosità, così come non si tratta delle stesse condizioni di vita del passato e anzi oggi è possibile fruire di migliori potenzialità terapeutiche e dei progressi medico-scientifici. Un piccolo sacrificio restando immersi nelle proprie comodità, limitando alcuni aspetti o semplicemente revisionando alcune condotte si può fare. La voglia di (ri)partire dovrà trovare riscontro nel previo rispetto delle regole che consentiranno di uscire da questo particolare periodo globale. Tutti preoccupati per il fatto di non poter esser liberi di agire come prima soprattutto riguardo gli aspetti “mondani”… Che si inizi col mostrare reale solidarietà nei confronti di chi è costretto a chiudere temporaneamente la propria attività (qualunque essa sia) dato che purtroppo gli aiuti economici spesso non bastano o a chi deve ridimensionarne gli orari di apertura. Tale solidarietà nei confronti dei lavoratori in difficoltà si avrà imparando a comportarsi bene (in modo da poter permettere anche a loro di riprendersi economicamente) sia “egoisticamente” che “altruisticamente”. La salute infatti va tutelata su tutti i livelli avendo cura della propria ma indirettamente anche di quella degli altri, iniziando dalla dimensione familiare fino ad arrivare a fare la propria piccola parte per garantire ancora più indirettamente la salute della collettività. Non debbono per forza ammalarsi tutti solo perché la maggior parte dei contagiati è asintomatica. Lo si vada a dire a chi ha sintomi, a chi sta malissimo, a chi racconta di aver percepito il primo respiro dopo l’utilizzo del casco CPAP (Continuous Positive Airway Pressure – Ventilazione meccanica a pressione continua) o dopo la NIV (Non-invasive ventilation – Ventilazione non invasiva) o dopo la terapia intensiva come il gesto più importante e più bello, a chi ha perso persone care costrette purtroppo a stare da sole anche negli ultimi momenti dell’esistenza terrena. Stridono le recenti immagini dei lungomari affollati in alcune città in confronto alle file di ambulanze nei Pronto Soccorso, quelle della troppa gente tutta insieme riversata nelle vie del passeggio in confronto alle persone curate tra le lunghe file di auto nei pressi degli ospedali, quelle di chi non sa stare senza andare a prendere una boccata di brezza marina in confronto a chi non riesce a respirare per via del contagio. E bisogna poi considerare i possibili danni ai polmoni che un contagio pesante può lasciare per un po’ di tempo e alle settimane di cure che tali persone devono affrontare anche dopo le dimissioni ospedaliere. Oltre al bollettino dei contagi, i dati degli ospedali sembrano i più attendibili per monitorare la situazione e per suddividere il territorio in zone di rischio diverse. Sono preoccupanti gli ultimi dati sulla situazione sanitaria italiana; circa 2/3 dei 40.000 letti in dotazione sono occupati da pazienti COVID. Quattordici regioni superano la soglia di sicurezza del 40% dei posti totali occupati e le terapie intensive si avvicinano al livello soglia del 30% ma a preoccupare è il trend dei ricoveri, velocemente in rialzo. Dal 2 all’8 novembre nel nostro Paese sono decedute per COVID-19 2.568 persone; la settimana precedente erano state 1.488 e quella ancora prima 795. Dall’8 al 10 novembre i posti di medicina interna riservati ai malati di altre patologie si sono drasticamente ridotti dal già limitato numero di 12.875 posti a 8.969, ossia 4.600 posti in meno. L’Italia due giorni fa è stata primo Paese in Europa per decessi giornalieri dato i numeri elevati. Il dato di ieri parla di 3.230 ricoveri in terapia intensiva. Non vengono fatti tanti tamponi solo per mostrare numeri elevati di contagio ma per evitarne il dilagare, soprattutto considerando che i contagi domestici si portano fuori e viceversa. Ecco perché la raccomandazione da parte delle autorità sanitarie e di Governo è evitare di circolare inutilmente in modo da ridurre i contatti tra persone. Le percentuali di contagiosità, ricoveri o mortalità a qualcuno sembrano irrisorie ma occorre pensare che si riferiscono comunque all’intero numero di abitanti del Bel Paese, dunque rispecchiano numeri elevati. Dietro ogni persona deceduta ci sono una storia, una famiglia, tanti affetti… insomma, una vita umana! Si pensi a chi non può curarsi perché la chirurgia e le ordinarie attività ospedaliere sono momentaneamente rallentate o sospese, eppure ci sono patologie che non possono aspettare.

Tante persone non vogliono rendersi conto della situazione neanche quando il contagio arriva nelle proprie case, figurarsi quando le ha risparmiate! Trovarsi in presenza di parenti o amici non esclude la possibilità di contagio. Un virus, un batterio o un parassita non badano a questi convenevoli, anzi approfittano proprio della vicinanza fisica, dell’aerosol e dei droplets per passare da una persona all’altra. Se ci si sapesse comportare anche fuori dal tempo pandemico si ridurrebbe il contagio di raffreddore, virus influenzali e para-influenzali, evitando malesseri e la conseguente assunzione di farmaci ove non necessario.

Perché tanti si ostinano a dire che il Coronavirus non esiste? Nessuno ha mai inventato l’esistenza di una pandemia ma adesso che se ne parla vuol dire che esiste un virus, i cui effetti sono peraltro documentati. È inutile dire che non se ne può più di ascoltare notizie a riguardo! Ancora passerà parecchio tempo con questa situazione e ci sono varie incognite da capire circa i “comportamenti” del virus sia per quanto si conosce dagli studi finora effettuati che per le mutazioni che potrà sviluppare improvvisamente, magari in base ad una sorta di “adattabilità” alla specie umana.

È di soli alcuni giorni fa la notizia di un vaccino anti-COVID, ancora in fase 3 della sperimentazione, che risulterebbe efficace al 90% nel prevenire la malattia. Aspettando il vaccino occorrerà sapersi comportare e imparare (anche se questo avrebbe già dovuto verificarsi da tempo) a convivere con la generale presenza del virus in circolazione. Quando il vaccino sarà disponibile sul mercato, chi ha sottovalutato la situazione cercherà l’altrui “solidarietà” giovando dell’immunità acquisita da parte di chi si sottoporrà alla vaccinazione.

Tutti si sentono intrappolati in manifestazioni psicologiche come ansia, depressione, panico e altre però nessuno vuole sentire parlare di problemi. Quando questi fastidi sono reali, il consiglio è sforzarsi (per quanto possibile) per controllarli cercando di mantenere lucidità, ma l’invito principale è non utilizzare tali termini a sproposito mostrando piuttosto comprensione per chi soffre seriamente di tali disturbi.

Solo avendo comportamenti meticolosi e puntuali le norme stabilite potranno essere valide, evitandone così un prolungamento e guadagnandoci in beneficio salutistico collettivo ed economico. Nessuno si lamenti se poi la propria zona diventa rossa o se viene stabilito un lockdown nazionale, dato che secondo l’ISS (Istituto Superiore di Sanità) l’epidemia in Italia rischia di diventare incontrollata e non gestibile. Essere in zona gialla è una grande opportunità per gli spostamenti e l’economia ma non significa distruggere questa sorta di virtuosismo decretando un “liberi tutti” che porterebbe inevitabilmente a passare alla zona arancione o direttamente alla zona rossa a causa dell’incremento dei contagi e della saturazione degli ospedali.

Indossare una mascherina nel modo corretto (coprendo naso e bocca) è un gesto semplice che protegge se stessi e gli altri. Nonostante le mascherine, mantenere un po’ di distanza in più è un’ulteriore precauzione. Igienizzarsi le mani è importante, così come lavarle a prescindere dalla pandemia come, ad esempio, quando si entra a casa provenendo da fuori. L’igiene non ha mai fatto male! Il rammarico è vedere una certa leggerezza da parte di personale competente. A proposito di mascherine, è bello farsi realizzare modelli artigianali ma la sola stoffa non basta; occorre che dentro venga applicato il TNT (tessuto non tessuto) oppure che la mascherina abbia una tasca dentro cui ognuno inserirà il filtro adeguato previo acquisto. Fortunatamente esistono tanti professionisti che realizzano mascherine artigianali a norma.

Riguardo il rischio di contagio, non si esce in attesa del risultato del tampone così come se si ha avuto qualche contatto con una persona possibilmente o certamente contagiata non ci si può spostare “tranquillamente” dato che esiste la possibilità di aver contratto l’infezione (in tal caso è necessario osservare la quarantena fiduciaria).

Adesso bisogna evitare ciò che si può evitare! Se l’imprudenza prevale in una persona, l’intelligenza visiterà sicuramente l’altra! Il rispetto delle regole denota coscienziosità e dovere civico. Dove non arriva il comportamento responsabile del singolo cittadino dovrebbero entrare in gioco le istituzioni, soprattutto quelle locali che conoscono meglio le esigenze del proprio territorio, e le Forze dell’Ordine per vigilare ed effettuare i dovuti controlli ove ciò si renda necessario. Non si tratta certo di certo compiti gradevoli ma sarebbero rimedi utili, i primi per evitare assembramenti e i secondi per fungere da deterrente al mancato rispetto delle regole. Tutto questo concorre alla tutela della salute pubblica.

Se non si adotteranno i dovuti provvedimenti nazionali, la possibile sconsideratezza delle festività natalizie catapulterà in un’acutizzazione dell’ondata pandemica. Perché non imparare dagli errori commessi, come dal lassismo estivo? Molta gente pensava che non essendoci stati contagi durante il lockdown e nei mesi successivi quella determinata zona sarebbe sempre stata preservata. Impossibile! Prima si è stati fortunati proprio perché si è cercato di intervenire presto (anche se non troppo) a livello nazionale adottando norme idonee, poi, dopo le riaperture, ci si è dimenticati dei tristi dati registrati, di coloro che venivano considerati eroi tra i medici e gli operatori sanitari, della processione delle bare trasportate dai mezzi dell’esercito in città spettrali per poi destinare i corpi alla cremazione, disdegnando di ammettere che potremmo dover affrontare un inverno turbolento.

Tra inconsapevolezza e incredulità il virus avanza…!

C’è un modo per sentirsi gruppo pur restando lontani in questo periodo: adottare gli stessi comportamenti razionali e protettivi che creeranno una sorta di rete che proteggerà i “dintorni” di ciascuno contribuendo così a prendersi indirettamente cura della collettività!

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