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Acate. Grande evento al Circolo di Conversazione con la presentazione del volume, “Odi alle dodici terre”, di Domenico Pisana.

Salvatore Cultraro, Acate (Rg), 10 dicembre 2018.- Presentato, davanti ad un pubblico delle grandi occasioni, presso lo storico Circolo di Conversazione di Piazza Libertà, l’ultimo lavoro poetico del professore Domenico Pisana, dal titolo, “Odi alle dodici terre”, a cura della Armando Siciliano Editore. I lavori sono stati introdotti dal presidente del Circolo, professore Giovanni Lantino, con le successive dettagliate e profonde relazioni, dopo i saluti del sindaco dottor Giovanni Di Natale, da parte del professore Antonio Cammarana, del professore Orazio Sansone, promotore ed organizzatore dell’evento, dell’insegnante Amalia Iannicelli e dell’editore Armando Siciliano. A dare un ulteriore tocco di classe all’evento, le magistrali interpretazioni di alcune liriche del professore Pisana lette dall’attrice Matilde Masaracchio, dal professore Giovanni Lantino e dalla giovane studentessa Nicoletta Longo.  Pubblichiamo pertanto di seguito una dettagliata relazione, filosofico letteraria sull’opera, “Odi alle dodici terre”, a cura del professore Antonio Cammarana.

Relazione  di Antonio  Cammarana: Figure  e Temi nelle, “ Odi alle Dodici Terre” di Domenico Pisana.  

“Quando si dice “ poesia” si pensa sempre a qualcosa di oscuro, di poco chiaro, poco comprensibile, che sfugge ad una precisa definizione. Il termine “ poesia” rimanda, invece, a qualcosa di concreto, come mostra il significato originario di questo termine. Poesia è una parola che ha una radice molto antica: deriva dal  greco, come molte parole che appartengono all’ambito della letteratura, dell’arte e della filosofia. In greco il verbo poiéin significa “ fare”, “ costruire”: poiesis, “ poesia”, è pertanto una parola collegata al concetto di “ fabbricare”. Gli antichi consideravano, quindi, la poesia una produzione, una invenzione e il poeta era per loro un artefice”.

Il poeta plasma la realtà, trasferendo nelle parole l’intensità di una emozione o di un sentimento vissuto in prima persona; canta l’alternarsi delle stagioni, catturando la natura con i suoi colori, i suoi sapori, i suoi profumi; volge lo sguardo sulla città, sulla propria terra, sulla realtà quotidiana, sul paesaggio, cogliendo nelle cose la bellezza dell’universo, con stupore quasi religioso, come se fosse un volto umano.

Il poeta di Modica Domenico Pisana, nella silloge “ Odi alle dodici terre”, racchiude tutti questi temi, perché consoni al suo spirito sensibile. Le sue Odi sono l’espressione di un intreccio affascinante tra Natura e stato d’animo, tra arte e paesaggio, tra bellezza e civiltà. Inoltre, ci offrono un viaggio nello spazio e nel tempo, un peregrinare tra i luoghi della memoria e tra i resti di un passato ancora presente nell’animo di tanti.

Le “ Odi alle dodici terre”, che portano come sottotitolo un verso “ Il vento, a corde, degli Iblei”, tratto dalla splendida poesia “ Che lunga notte “ di Salvatore Quasimodo; che si fregiano della “ Prefazione “di Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore; delle opere del Maestro Piero Guccione, sapientemente scelte da Paolo Nifosì, storico e critico d’arte e della traduzione dei versi in inglese della poetessa Floriana Ferro, mettono subito in evidenza una personalità di grande spessore umano e un retroterra culturale straordinario.

Spessore umano e retroterra culturale hanno fatto sì che, per mezzo del verso che rammemora, ritornasse ad “ Essere “, cioè a prendere corpo e anima, quasi sinolo aristotelico di materia e forma, cioè ancora ad esistere, un Mondo che viveva, come un gigante addormentato, dentro il cuore della realtà e della memoria della provincia iblea.

Le “ Odi alle dodici terre” si aprono con l’ Ode “ Alla terra”, un canto alla “Madre Terra”, che è un invito all’uomo a sanare la “ scissione” che si è prodotta, nel corso della storia, fra il soggetto e l’oggetto, fra l’uomo e la natura, e, in ultima analisi, fra l’umano e il divino.

E’ un richiamo accorato all’uomo ad amare, ” coltivare e custodire” ( Genesi 2-15) la terra, come fosse “ un vaso di alabastro”, “ a sorprendersi, a intenerirsi per la bellezza del Creato “, “ come se la terra fosse il tempio del Signore”.

All’ Ode “ Alla terra” segue il “ Canto dal Sud est”, con “ la terra solcata da civiltà antiche”, culla di capolavori, fulgore del barocco, con “ i porti , àncora di speranze mai perdute… “ con “ i fiumi, piegati ai desideri di uomini in cerca di conquiste…”  con “ il mare..”, che “ evoca sogni di libertà represse e anni di lotte consumate nella memoria…”.

L’Ode “ Alla terra” e il “ Canto dal Sud est” hanno una funzione preparatoria, introducono alla lettura della preziosa raccolta di poesie di Domenico Pisana.

Per ogni città o paese della Provincia di Ragusa, percorsa in lungo e in largo, il verso di Domenico Pisana scava nei millenni di storia, nel passato glorioso e al tempo stesso doloroso per i rivolgimenti politici economici sociali che ha subito, riportando “ le tracce delle civiltà antiche”, “ i ricami di bellezze storiche e artistiche”, “ le stampe impreziosite di stemmi nobiliari”, “ l’atmosfera di fiaba”, “ gli scenari d’incanto”, “ i mestieri segnati dal sudore delle mani”, “ i fili di storia che la modernità del tempo non distrugge”, “la terra amena”, abbracciata da Chiese, palazzi, castelli, Musei, avvolta in reticoli di vicoli e di piazze, di vie e di stradine,  ove “ il  cigolìo del carretto calpestava basole di pietra”, “ il dolore che avvolse” paesi e città nel corso della notte dell’ 11 gennaio del 1693, in cui “ la terra sussultò” e che fece dire a Carlo Addario, poeta acatese, nelle “Passeggiate storiche “:

“ Si vitti e nun si vitti Terranova,

Vittoria sprufunnau ‘ntra la sciumara,

Commisu persi la so vita cara

e Viscari lu chiantu ci rinnova…”

 

L’insistenza – una insistenza continua persistente, mai inopportuna – sul ruolo esercitato sui contenuti delle “ Odi” da termini quali Memoria Ricordo Tempo, Traccia Storia Vestigia, Radici Pagine di Pietra, mi permettono di affermare che Mnemosyne è la Musa ispiratrice e suscitatrice del pensiero rammemorante, che consente all’ Io poetante di Domenico Pisana di essere Volontà Capacità Dovere di Ricordare.

Dovere di Ricordare…..

E’ quanto ha fatto Domenico Pisana con la silloge “ Odi alle dodici terre” nel momento in cui ha assegnato alla poesia il nobile compito di recuperare alla Memoria storica Momenti Luoghi Personaggi illustri  Immagini Paesaggi o, come dice Gesualdo Bufalino,” Tranci” di Storia  di Tradizioni e di Letteratura della sua Terra, che è pure la nostra Terra.

La nostra Terra, dove si è mosso silenzioso e discreto, rimemorante e interrogante, ode dopo ode, il Poeta come Viandante.

Viandante Mediterraneo, diverso dal Viandante romantico quale ci è stato consegnato dalla letteratura romantica in generale e dalla letteratura tedesca in particolare.

Il viandante tedesco segue un cammino indefinito, che non porta verso un luogo reale, attraversa le strade dell’Europa a piedi, riposando di notte sotto un riparo di fortuna e il giorno seguente riprende il cammino, talvolta in compagnia, più spesso da solo.

Il Viandante di Domenico Pisana, invece, si muove in uno spazio ben definito, quello delle dodici Terre, le città della nostra Provincia, a partire da Ragusa per continuare con Comiso, Santa Croce Camerina, Vittoria, la mia la nostra Acate – Antica Biscari, Chiaramonte Gulfi, Giarratana, Monterosso Almo, Modica, la sua Modica, per concludere con Ispica, Pozzallo, Scicli; compie un itinerario anzitutto storico, che affonda le radici nei territori degli antichi abitatori, ai quali violenza e civiltà portarono Spartani e Ateniesi, Cartaginesi e Romani, Bizantini e Arabi, Normanni Svevi Angioini, ricreando tante “ microstorie” ; realizza un percorso poetico – per mezzo del canto lirico dei suoi versi – da cui s’ irradia l’attaccamento affettivo, il sentimento di appartenenza alla sua terra, ora Madre, ora Dea, certamente Radice; ci offre alla fine un’ utile e gradevole scenario culturale rivolto a quanti sentono la necessità di “ rinfrescare la memoria”, perché lontani dalla città natia, come a chi cerca di recuperare questa memoria, una memoria che rischia di venire meno, perché ogni giorno ne sono cancellati i segni.

E mentre pare quasi di vedere il nostro Poeta Viandante camminare “ nella solitudine del mattino”; calpestare “ la rena umida”; sognare di “ entrare nel segreto della pietra”, che racconta  “esistenze graffiate di sangue”; sperdersi “ nei vicoli”; lasciarsi “ cullare dalle carezze delle onde”; contare nella piazza “ i gradini anneriti”;  al termine del suo lungo cammino storico, poetico e culturale, prendiamo congedo da questo Viandante Mediterraneo con l’ ultima  Ode dedicata a “ Cava d’Aliga”, frazione marinara dell’ultima delle dodici Terre, Scicli, indicandola, con l’ ultimo afflato poetico, come uno dei tratti di costa più belli e affascinanti della nostra riviera iblea.

 

Cava d’Aliga

 

Cava d’Aliga mi piace, là in alto, il mare giù,

la sabbia un cuscino gonfiato dal rumore

di conchiglie che raccontano sogni.

Mi piace quest’angolo protetto dallo scoglio,

il silenzio del sobborgo nelle ore notturne,

guardo l’altipiano lassù, il gomito che si fa

frescura nelle giornate d’afa, l’acqua

ove si trastullano bambini irrequieti.

 

Canto questo spazio che vive in me

In un frammento libero, il paesaggio

del cielo, del mare, il segreto

mistero dell’acqua che non muore, canto

il canto delle onde che si cullano

dall’alba al tramonto sulla battigia in solitudine,

il leggero volo del libero gabbiano

sulle cui ali viaggiano infinità

di sogni repressi, parlo

senza togliere i piedi dalla terra

alle stelle con la loro lucentezza, all’orizzonte

con le sue variopinte metamorfosi:

come un viandante stanco

mi soffermo a guardarti, il passaggio

è un attimo di pace, rinasce la voglia

di tornare, mi unisco alla voce del mare,

al brusìo dell’onda, al canto della luna,

s’apre il cammino che sa di quiete, in me

nulla si oblia, porto nel cuore un nuovo segno

e finché tu ci sarai  arricchirai il canto dei poeti

senza spegnere il mio.

 

 

 

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