29 Aprile 2024

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Acate. Il Covid-19 ferma anche i festeggiamenti in onore di San Giuseppe.

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Salvatore Cultraro, Acate, Rg, 18 marzo 2020.- L’amministrazione comunale, di comune accordo con la parrocchia “San Nicolò di Bari”, ha decretato la sospensione dei tradizionali “Altari” in onore di San Giuseppe.  “Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19-si legge in un documento a firma del sindaco Giovanni Di Natale- in ottemperanza a quanto disposto dai DPCM, nello specifico:  sull’intero territorio nazionale è vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico;  evitare ogni spostamento delle persone fisiche all’interno di tutto il territorio nazionale, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute.  Sono sospese tutte le manifestazioni organizzate, nonché gli eventi in luogo pubblico o privato, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico, anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico. Sentito, pertanto, il parere del parroco di Acate don Giuseppe Raimondi si dispone la sospensione degli Altari di San Giuseppe su tutto il territorio comunale. Tutti i cittadini siamo tenuti al forte senso di responsabilità e al rispetto delle regole, al fine di salvaguardare la salute di tutti noi e quella dei nostri cari”. Quella dell’allestimento degli “Altari”, nelle varie abitazioni acatesi, in occasione della festività di San Giuseppe, è una antica tradizione voluta in  segno  di devozione e ringraziamento nei confronti  del Santo per  una grazia ricevuta o per un voto promesso. Decine di  famiglie, ogni anno, facevano  rivivere così tutti  i momenti di  un passato che è storia viva, ripetendo una tradizione  rimasta immutata nel tempo che si rifà alla tipica cultura contadina. Nel giorno della festa  le tavole venivano imbandite di ogni  tipo di pietanze per soddisfare i desideri  dei  tre poverelli, i cosiddetti “Santi”, un  uomo maturo, una donna, generalmente una ragazzina,  ed  un  bambino, veri protagonisti   di   questo  rituale  che, come  vuole   la tradizione, rappresentano allegoricamente San Giuseppe, la Madonna e Gesù   Bambino. A mezzogiorno in punto i tre invitati recitavano le preghiere davanti all’altare, si lavavano le mani ed iniziavano il pranzo assaggiando per primo un po di limone per spezzare il digiuno che i tre “santuzzi” erano tenuti ad osservare il giorno precedente. Il tutto si svolgeva a porte chiuse, nella massima riservatezza ed umiltà ed i tre invitati venivano serviti dalla padrona di casa con premura ed attenzione. L’allestimento  degli   altari coinvolgeva direttamente anche il parroco di Acate, impegnato, la  sera della vigilia e  la mattina successiva, a  visitare, per  impartire   la  benedizione, i numerosi altari sparsi nelle varie abitazioni del  paese. Una tradizione quindi  che ha resistito nel  tempo, e che solo il famigerato “Covid-19 ha momentaneamente bloccato per gravi motivi di sicurezza e per evitare, “incontri estremamente ravvicinati con San Giuseppe e la reale Sacra Famiglia”. La preparazione degli “Altari”, rappresentava, quindi, un vero e proprio rito immutato negli anni. Ad una parete della stanza dove veniva allestito, generalmente il salotto di casa, veniva fissato un lenzuolo finemente ricamato ed in alto al centro, veniva sistemato il quadro rappresentante la Sacra Famiglia. L’altare era composto in media da tre-quattro ripiani ricoperti da preziose e candide tovaglie di lino ed  ornato con grappoli di limoni e arance, dolci ed amare e rami di fiori di zagara. Davanti all’immagine sacra veniva, invece, sistemata una lampada ad olio. Ognuno di questi elementi ha una sua simbologia ben precisa. La lampada ad olio rappresenta la fede nella Divina Provvidenza. Le arance amare ed i limoni simboleggiano i dolori e le amarezze che sono presenti nella vita, mentre le arance dolci vogliono significare che non bisogna giudicare o badare alle apparenze. Fra tutte le pietanze che facevano bella mostra di se sugli altari (mpanati, stimpirata, frittate, asparagi, polpette, baddotti, cipudduzzi ecc.) trionfava sempre il pane. Esso veniva lavorato in forme diverse e simboliche, vere e proprie sculture, e sempre in numero di tre. Anche il pane ha un suo simbolismo. Quello a forma del bastone di San Giuseppe, rappresenta l’autorità del “pater familias”. “A spera”, specie di ostensorio, richiama alla memoria l’origine regale di San Giuseppe. “U pani da Madonna” ha una rosa che rappresenta la verginità e un ramo di palma simbolo di pace. “U pani do Bamminieddu” è invece decorato con gelsomini, uccelli e simboli della passione. “I cucciddati”, infine sono enormi pani intrecciati, ornati di pampini, grappoli d’uva e fiori che vengono disposti sul piano superiore dell’altare ed hanno un profondo significato sacrale. I “rusiddi”, a forma di fiore. Ed infine il pane modellato secondo le iniziali di San Giuseppe e quello a forma di pesce che tiene in bocca un pesciolino. Accanto ad ogni “cucciddatu”, venivano poi disposti i doni della terra, carciofi, finocchi, fave e primizie di ogni genere. Simbolicamente erano l’omaggio dei doni migliori della terra, della fatica e del lavoro dell’uomo. Completava il tutto, poi, un’ infinità di dolci, mastazzola, palummeddi,cassateddi, giurgiulena, pagnuccata, mustata, cicirata, pasti fuorti ed altro. Un altro momento caratteristico della festa di San Giuseppe ad Acate era la  folkloristica “Cena”. Nel primo  pomeriggio gli organizzatori dei festeggiamenti, insieme alla banda musicale, giravano  per le vie del  paese per raccogliere  i doni che  le famiglie devote offrivano al Santo e che venivano poi  venduti all’asta in piazza Libertà. Ai numerosi presenti che affollavano la piazza per assistere a quello che veniva definito un vero e proprio spettacolo veniva offerto di tutto, primizie, enormi fasci di asparagi, dolci tipici, torte, cacciagione ed animali da cortile vivi. Ci stringe il cuore aver dovuto parlare al “passato” nelle descrizioni di questi tradizionali e commoventi momenti di fede e folklore, come se fosse ormai qualcosa di, molto lontano, qualcosa che non ritornerà mai più. Siamo sicuri che così non  e che il 18 marzo del 2021 potremo nuovamente descrivere i festeggiamenti in onore di San Giuseppe usando “tassativamente” il “presente”.

 

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