1 Maggio 2024

ITALREPORT

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Acate. Presentata una Monografia sulla villa romana di “Cozzo Cicirello”.

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Redazione Due, Acate (Rg), 11 aprile 2024.- E’ stata presentata al pubblico la monografia: “la Villa Romana di Cozzo Cicirello”, edita dal professore Antonio Cammarana e dal giornalista Salvatore Cultraro, con il patrocinio del Comune di Acate. La presentazione è avvenuta all’interno di una ambiziosa manifestazione, denominata “Equinozio Culturale Acatese”, fermamente voluta dall’Amministrazione Comunale, ed in particolare dall’assessore alla Cultura Giuseppe Raffo e magistralmente organizzata dal Direttore Artistico, Cavaliere Roberto Guccione, unitamente all’Associazione “La Via dell’Arte”, con la conduzione del giornalista Valerio Martorana, tenutasi presso i locali del settecentesco Castello dei Principi di Biscari.Un evento che ha visto incontri d’arte, presentazione di libri, sfilate di moda e momenti musicali. La pubblicazione della monografia è nata a seguito dell’intenzione dell’Amministrazione Comunale, con in prima persona il consigliere comunale Giuseppe Failla, di recuperare un prezioso ed antico mosaico trafugato, dopo essere stato smontato in una moltitudine di tessere, nella contrada Cicirello e recuperato, nel 2005, in Germania, in procinto di essere venduto, grazie all’impegno della Polizia tedesca ed al Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale dei Carabinieri di Palermo e del Comando Provinciale di Ragusa. Le tessere del mosaico, una volta recuperate, sono rimaste conservate, per più di quindici anni, in un magazzino della Sovrintendenza ai Beni Archeologici di Ragusa. Una volta venuto a conoscenza del preziosissimo reperto custodito a Ragusa, il consigliere comunale Failla, unitamente all’ assessore Raffo, si è immediatamente attivato per cercare di ricomporre il mosaico e riportarlo ad Acate per esporlo, in via definitiva, in una sala del Castello. Una azione ambiziosa che vedrà questa estate anche la partecipazione e collaborazione di docenti universitari provenienti dalle prestigiose scuole di mosaico dell’Emilia Romagna. Dicevamo questa è stata la molla che ha fatto scattare negli autori della monografia, Cammarana e Cultraro, il desiderio di riprendere e completare alcuni loro vecchi appunti sulla villa romana di Cozzo Cicirello, ricadente nella stessa area del ritrovamento del Mosaico. Villa già soggetta a saggi archeologici negli anni ‘Ottanta grazie all’interessamento dell’archeologo, dottor Giovanni Di Stefano, ex Dirigente del Servizio Beni Archeologici della Sovrintendenza di Ragusa, nonchè Direttore del Museo Archeologico di Kamarina e sottoposta a Vincolo da parte della Regione Sicilia. Alla realizzazione della monografia, inoltre, ha contribuito anche, offrendo il suo prezioso  e indispensabile contributo storico, la professoressa Giovanna Laura Longo. “Ringraziamo vivamente l’Amministrazione Comunale di Acate, il sindaco, avvocato Gianfranco Fidone, l’assessore alla Cultura, avvocato Giuseppe Raffo e il consigliere comunale, dottor Giuseppe Failla- hanno dichiarato gli autori- per essere stati invitati a collaborare ad un progetto finalizzato alla valorizzazione ed  alla salvaguardia del sito archeologico di Contrada Cozzo Cicirello, nei pressi del fiume Dirillo, in territorio di Acate, un luogo le cui bellezze naturali rischiano di essere cancellate irrimediabilmente; ed al recupero di un preziosissimo mosaico, da più di 15 anni conservato in un deposito della Sovrintendenza Archeologica di Ragusa, trafugato da tombaroli clandestini. destinato ad essere venduto in Germania.  Pertanto merita il nostro pubblico riconoscimento l’interessamento profuso, indispensabile, dell’Amministrazione Comunale con i dirigenti della Sovrintendenza Archeologica di Ragusa, un’azione coordinata per la restituzione del mosaico, trafugato e ritrovato,  un patrimonio culturale immenso, che è la nostra comune fonte di ricchezza, un pezzo di storia del nostro passato millenario da restituire al nostro paese”. “Abbiamo dato, quindi- continuano Cammarana e Cultraro- il nostro contributo con impegno per far crescere la speranza intorno ai Beni Culturali da salvare, tutelare, valorizzare per riappropriarci della nostra storia e del nostro nobile passato concentrando la nostra ricerca sul sito archeologico di Cozzo Cicirello, di notevole interesse, patrimonio culturale e paesaggistico di Acate,  già oggetto di studio da parte di autorevoli storici, archeologi e giornalisti, nonché di altri studi riguardanti il Territorio. Una ricerca che da visibilità reale alla salvaguardia ed alla tutela del patrimonio del sito archeologico di Cozzo Cicirello, mediante l’approfondimento dal punto di vista storico, economico, culturale e archeologico”. “Cozzo Cicirello- si legge nella monografia- è una contrada posta sul margine sinistro della valle del Dirillo, a circa 5 km dal Mare Mediterraneo, nella Sicilia Sud-Orientale, in territorio di Acate, ormai ben nota a tutti gli studiosi di archeologia, grazie al rinvenimento di una epigrafe in latino volgare, l’ Epitaffio di Zoe ed alla scoperta, mediante scavi non controllati, di alcuni ruderi facenti parte di una villa rurale, databile tra il II-VI secolo d.C. In età romana tardo-imperiale, nella ricca e fertile vallata del Dirillo, dovettero sorgere diversi poderi agricoli, detti  fundi, (terre del latifondo privato appartenenti a proprietari del ceto senatorio). In quel periodo si ebbe, infatti, una notevole mobilità nelle concessioni terriere per acquisti, donazioni, doti e lasciti. Per designare una singola proprietà si adottava il termine fundus, mentre per un raggruppamento di fundi, quello di massae ( insieme di fundi)”. “Notizie sulle massae- continuano gli autori- sono tramandate dall’ Itinerarium Antonini Augusti, del IV secolo, basato su fonti ufficiali. Si tratta di un registro, una sorta di mappa stradale che riferisce le distanze tra le principali stationes (stazioni) sulle strade maestre dell’Impero Romano. Sulla via litoranea, indica le distanze dalla plaga Calvisiana a quella Mesopotamica; dalla plaga Mesopotamica a quella Herae; dalla plaga Herae al Refugium Apollinis, Di questa area dovette certamente far parte la massa Albiana, un insieme di fundi raggruppati nelle vicinanze della riva sinistra del Dirillo, non lontano dal mare, e Cozzo Cicirello dovette essere uno di questi. La conferma, infatti, verrebbe dal rinvenimento di tegole con la scritta ALBII, nei pressi dei ruderi del complesso agricolo. Data la fertilità della zona e dell’intera isola, queste massae costituivano delle enormi rendite per i proprietari”.

Quindi, quella di Cozzo Cicirello dovette essere probabilmente la villa di un latifondista, villa che dobbiamo immaginare circondata da numerose casae o casali di coloni. Purtroppo di questo importante complesso agricolo fino ad oggi è stato riportato alla luce, e successivamente ricoperto, ben poco a causa della mancanza di una indagine sistematica dovuta alla cronica mancanza di fondi. Di quella che un tempo dovette essere una ricca villa rurale, furono inizialmente individuate solo,  come ci documenta l’archeologo Giovanni Di Stefano, sulla sommità di una collinetta a circa 40 metri sul livello del mare, “i resti di alcuni ambienti lastricati, intonacati e decorati con fasce di vari e vivaci colori, di stile pompeiano,  databili all’età romano-repubblicana, romano-imperiale e bizantina. Alla base della collinetta, lato Est, è stato riportato alla luce un muro, lungo circa 20 metri, a cui si collegano altre strutture fra cui un imponente e rarissimo esempio di opus mixtum di laterizi e opus reticulatum, alto circa m. 1,80”. Nel 1984, grazie all’interessamento del dottor Giovanni Di Stefano, fu avviata una nuova breve campagna di scavi sul sito della villa, la quale permise di mettere in luce il tablinium, tratti di un peristilio con colonne in terracotta e circa cinque stanze distribuite attorno al peristilio, oltre a vari lembi di pavimenti con scaglie di mosaico o in opus sectile, utilizzando marmi rari e costosi, il tutto risalente, sempre come ci riferisce l’archeologo, in base ad alcune monete ritrovate sul posto, parte al I sec. a. C., parte  ad un successivo ampliamento al III-IV sec d.C. L’estensione approssimativa dei ruderi è di circa 2000 metri quadrati. L’area soggetta a saggi archeologici avrebbe restituito anche una notevole quantità di suppellettili fittili quali piatti, lucerne e stoviglie in terra medio-imperiale. Tra i reperti rinvenuti anche delle suspensure a dimostrazione del fatto che tra i vari ambienti della villa dovevano esserci anche dei locali adibiti a terme. (G. Di Stefano, G. Leone, “La Regione Camarinese in età romana”). I primi scavi nell’area risalgono al 1891 ad opera dell’archeologo Paolo Orsi il quale intervenne in occasione dei lavori per la costruzione della ferrovia Vittoria-Gela, rinvenendo tombe, corredi funerari ed una testa in terracotta raffigurante una divinità fluviale (P. Orsi,N.Sc 1891, P.347). Gli intensi lavori agricoli svolti a più riprese negli anni cinquanta, inoltre, permisero di scoprire vari gruppi sepolcrali, attorno alla collinetta dove sorge la villa, la cui datazione va dal II-III sec. d. C. al V-VI d.C. i quali hanno restituito importanti corredi funerari custoditi presso il Museo Archeologico di Ragusa. Nel 1982, l’allora assessore regionale ai Beni Culturali, Onorevole, Ordile, ritenendo l’intero contesto del complesso agricolo di Cozzo Cicirello, comprese le necropoli, “un documento archeologico monumentale e storico culturale insostituibile per la storia della Sicilia romana e bizantina”, al fine di conservare integro l’ambiente archeologico affinché i resti potessero essere rimessi in luce ed adeguatamente valorizzati, ritenne necessario sottoporre a vincolo diretto l’area occupata dai ruderi all’epoca di proprietà della “Immobiliare Finanziaria S.p.A.” di Palermo, oggi dell’azienda, “Feudo Arancio”, decretando “ il divieto di eseguire costruzioni edilizie, scavi e scassi, spianamenti ed ogni altro lavoro, che comportasse uno sconvolgimento del sottosuolo”.

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