28 Aprile 2024

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Acate. “Scoglitti, 9-10 luglio 1943”. Lo sbarco americano nei ricordi di Pasquale Santocono.

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Redazione Due, Acate (Rg), 11 dicembre 2017.- “Mio padre Santocono Giuseppe, capo cantoniere provinciale, nell’anno 1941, era stato chiamato a prestare servizio militare con destinazione Casa Serra, Guardia di Finanza, nelle vicinanze di Scoglitti. Da lì a poche centinaia di metri, in un grande caseggiato, vi era collocata la caserma dell’esercito. Mio padre quella sera, tra il 9 e il 10 luglio 1943, insieme al suo capo, caporalmaggiore, prestava servizio nella postazione in prossimità della battigia nascosta dalle dune di sabbia. In quelle ore cominciò un grande movimento di aerei americani, che sorvolavano la zona e subito dopo seguì un massiccio fuoco di sbarramento che non recò danni né a cose né a persone. Subito dopo nel buio della notte si udì molto rumore proveniente dal mare che diede inizio ad un fuggi fuggi di gente, militari e villeggianti. Il caporalmaggiore rientrò in caserma, mentre mio padre, correndo e avanzando anche a pancia in giù per non farsi vedere, arrivò a casa, distante meno di un km circa, dove eravamo tutti noi, una ventina di persone, accovacciati nel grande salone di un caseggiato a circa tre km da Scoglitti, appartenente al signor Macca Salvatore, detto “ don Turiddu ‘u miricanu “. Mio padre ebbe il tempo appena di togliersi i pantaloni militari, nascondendoli sotto una cassapanca, ed indossarne altri prestatigli da don Turiddu, che si presentarono gli americani ( gli invasori ). Noi tutti fummo notevolmente impauriti, ma ci tranquillizzammo quando don Turiddu si avvicinò a loro e cominciò a parlargli in americano e offrendogli acqua fresca e buon vino, ma gli americani terminando di scaricare un po’ di alimenti, continuarono la loro corsa alla ricerca dei tedeschi. Dicevano: “ German, German “. Qualcuno di essi parlava un marcato siciliano, evidentemente significava che qualche loro antenato a suo tempo era emigrato in America. Circa a mezzogiorno vedemmo passare a fila indiana dalla trazzera i nostri soldati e lì vi era anche l’amico di mio padre che la sera precedente aveva fatto servizio insieme a lui. Il capitano che comandava la compagnia dell’esercito mancava già da un paio di giorni. Sapeva dello sbarco. Aveva disertato i suoi obblighi oppure era stato chiamato dai suoi superiori? Nella compagnia era stato lasciato il sottotenente, che vedemmo passare zoppicante insieme agli altri prigionieri. Per quanto riguarda la nave affondata, in seguito al bombardamento di aerei tedeschi, non è fatto realmente accaduto. Nessuno aereo tedesco si avvicinò in quei giorni nella zona, a meno che questo accadde oltre il fiume Dirillo, nei pressi di Gela. Ma da lì non avevamo notizie. I morti furono tantissimi, ma per il capovolgimento di alcune imbarcazioni cariche di prigionieri, compreso l’amico di mio padre, per causa delle onde altissime, generate dagli anfibi velocissimi. Nella zona di combattimento tra americani italiani e tedeschi ci furono moltissimi morti da ambo le parti. I corpi erano ammucchiati in fosse scavate alla meno peggio, di cui una era sulla strada che va da Acate verso la statale 115. Vi era un disastro totale ovunque ed un odore insopportabile di carne umana”. (Nella foto: Pasquale Santocono).

Pasquale Santocono

 

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