Digital Divide. Borghi: “AGID stringa tempi e non dimentichi regioni nel definire strategie”
2 min read“Il lancio del programma nazionale Italia digitale ha il merito – per volontà in primis del nostro Presidente del Consiglio – di disegnare un futuro dove la tecnologia sarà uno strumento per rendere migliore e più competitivo il Paese. Si parte dalla scuola, si affrontano i temi dell’infrastruttura e dei servizi da veicolare. Ma nell’evento organizzato sabato scorso a Venaria, l’Italian Digital Day, è preoccupante un’assenza: il territorio con i suoi Enti locali, in particolare le aree interne, le aree marginali del paese, Alpi e Appennino in primo luogo, dove la sofferenza per il divario digitale oggi è fortissima. Sabato questo mondo non è apparso a Venaria e tradizionalmente resta fuori da qualsiasi dibattito su digitale e futuro del Paese. In realtà, fanno notare esperti in tutti i Paesi d’Europa, il tema vero è proprio questo. Si parte da qui. Cioè da come riduciamo, con le moderne tecnologie, con la banda larga, i servizi informativi, l’uso di smartphone e app per dialogare con PA e Comuni, il divario tra zone urbane e zone interne. Questa è la grande sfida. E non affrontarla vuol dire aumentare le differenze, ‘digitali’, ma anche sociali, economiche, educative”. Così l’on. Enrico Borghi, presidente dell’Intergruppo parlamentare per lo sviluppo della montagna e presidente nazionale Uncem. Dalle analisi dei piani di Agid, l’Agenzia per l’Italia digitale, emergono alcuni dati sui quali la politica deve fare la sua parte, intervenendo per chiarire quale direzione prendere. “Cioè se banda larga e connessioni ad alta velocità saranno veicolate anche nelle ‘zone bianche’, a fallimento di mercato – prosegue Borghi – e se la misurazione, la dimensione di questo impegno, è basata su estensione del territorio o sulla popolazione. È molto diverso misurare il grado sviluppo e crescita utilizzando il primo o il secondo parametro”. Secondo Borghi, i piani di Agid e della Presidenza del Consiglio non possono tralasciare un immediato coinvolgimento operativo delle Regioni e dei Comuni, attraverso le Unioni montane. “I piani centralizzati – prosegue il deputato – hanno dimostrato su altri temi tutte le loro lacune e inesattezze. Ciascuna Regione ha previsto di investire il 10% delle risorse dei Por Fesr e del Por Feasr sulla digitalizzazione, servizi e infrastrutture. Per il Piemonte stiamo parlando di quasi 90 milioni di euro. Non possiamo perdere tempo. Se sarà Enel a coordinare gli interventi, definiamo entro la primavera 2016 dove e come farli. Portare fibra ottica e non ‘accenderla’ come avvenuto nelle aree montane negli ultimi cinque anni è grave, un improprio uso di risorse della collettività. Dobbiamo usare bene tutti i fondi a disposizione, pubblici e privati. Fino all’ultimo centesimo, occupandoci anche delle zone interne. Partendo proprio da qui, da Alpi e Appennino. Per evitare che quanto detto sabato a Venaria da imprese, associazioni, Amministratori pubblici, restino parole in un cloud destinate a non entrare mai in software e hardware del nostro Paese”.