Jobs Act e tutele crescenti, l’Ancl consiglia di evitare la conversione dei contratti a termine
2 min readRoma, 15 maggio 2015 – Ci potrebbe essere un’eccezione di illegittimità costituzionale nella conversione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, seguendo la nuova normativa sulle tutele crescenti prevista dal Jobs Act. Per questo l’Ancl, il sindacato unitario dei consulenti del lavoro, in una nota consiglia di non procedere alla conversione dei contratti a termine, ma di aspettare la loro naturale scadenza ed effettuare quindi una nuova assunzione del dipendente che si vuole stabilizzare.
Il problema è emerso ripetutamente in convegni scientifici che gli addetti ai lavori stanno seguendo per approfondire la nuova norma. Il dlgs 23/2015 (art.1, c2) sul contratto a tutele crescenti prevede che questo si possa applicare anche ai rapporti derivanti dalla conversione in tempo indeterminato dei contratti a termine stipulati prima dell’entrata in vigore del Jobs Act. Tuttavia gli esperti hanno sollevato il dubbio di legittimità costituzionale poiché nella legge delega 183/2014 (art.1, c7, lettera c) si parla di “nuove assunzioni”: in questo senso il governo con il decreto sarebbe andato oltre alla delega ricevuta.
«Se la questione sollevata fosse fondata – afferma Francesco Longobardi, presidente nazionale Ancl – il rischio è che una eventuale pronuncia della Corte Costituzionale, che può avvenire anche fra anni, porti all’applicazione della disciplina generale sui licenziamenti a contratti che si era creduto di stipulare a tutele crescenti, con un altrettanto evidente rischio di pesanti sanzioni per le imprese». Poiché le aziende hanno la possibilità di scegliere se operare la conversione del contratto a termine stipulato prima del Jobs Act, oppure far cessare il rapporto a termine e stipulare ex novo un nuovo contratto a tempo indeterminato, proprio per il dubbio sollevato in questi convegni e ancora da chiarire, l’Ancl suggerisce alle imprese di adottare questa seconda soluzione.