Vittoria. 2 agosto 2018
La decisione assunta dal Consiglio dei Ministri, che ha decretato lo scioglimento per mafia del Comune di Vittoria, è una decisione che comunque suscita sentimenti differenti in ognuno di noi. Senza volere apparire “giudice”, c’è chi è convinto della colpevolezza dei commissariati, c’è chi è convinto dell’innocenza degli stessi; c’è chi ipotizza una sorta di “trama” organizzata per fare fuori una amministrazione e chi invece ritiene giusto il provvedimento estremo. Insomma, ognuno, legittimamente e giustamente, la pensa a modo suo.
Ma qualche riflessione sull’argomento la voglio esprimere, e la voglio esprimere con la consapevolezza che susciterà un vespaio tra favorevoli e contrari, ma con la certezza dell’onestà intellettuale con cui lo faccio.
Su questa vicenda si sono innescate, com’è giusto che accada, polemiche e discussioni; tutto legittimo ma assolutamente discutibile per il modo in cui l’argomento è stato e viene ancora oggi trattato pubblicamente.
Si sa, i Social, lasciano spazio a tutti, compresi coloro i quali, azzardano giudizi senza conoscere l’argomento di cui trattano, ma solo per avere sentito una parola qui, una frase la e così via. Quindi accade che si trascende e si esprimono giudizi che sono lesivi e diffamatori nei confronti di chi ha il compito, in questo nostro “povero Paese”, di giudicare, di indagare, di decidere. Compiti questi, non facili e molto spesso, anzi, sempre più spesso, molto pericolosi per l’incolumità personale e delle famiglie dei “nostri” eroi bistrattati.
Ciò premesso, torno al discorso iniziale per esplicitare senza mezzi termini, a cosa mi riferisco quando scrivo che i giudizi espressi, molte volte, sono azzardati.
Ma si può ipotizzare che in Italia, seppure martoriata e molto spesso vilipesa, si possano decidere le sorti di un Comune, sol perchè qualcuno ne sollecita il commissariamento? Si può ipotizzare che le risultanze di anni di indagini nei confronti di persone pubbliche siano riferite in modo da considerare colpevoli alcuni e innocenti altri, per assecondare le esigenze di ex politici o di attuali giornalisti? Se io fossi al posto dei magistrati, degli inquirenti e dei funzionari della prefettura che da giorni vengono trattati sui Social, alla stregua di dementi e incompetenti, avrei già proceduto legalmente.
Non me ne voglia nessuno, ma nonostante le controversie sulle indagini, sulle intercettazioni, sui giudizi spesso contrastanti tra magistratura inquirente e magistratura giudicante, qualcuno pensa davvero che la giustizia sia gestita da imbecilli e da gente che non capisce un tubo?
Torniamo ad essere noi stessi, torniamo a “tifare” ognuno per chi ritiene opportuno, mantenendo e riconoscendo pari dignità a tutti, anche a chi in questo moneto è inquisito, e lasciamo lavorare in pace e in serenità chi è pagato per fare questo. Alla fine la vera verità verrà fuori.

Di Giovanni Di Gennaro

Nato a Vittoria il 14 giugno 1952; completati gli studi superiori presso l'Istituto Magistrale di Vittoria, negli anni 70, anni in cui erano in servizio, docenti quali: Bufalino, Arena, Frasca, Traina e tanti altri nomi di prestigio, si iscrive a Roma presso la Facoltà di Psicologia. Non completa gli studi universitari e non consegue il diploma di laurea, in quanto nel 1973, viene assunto presso la ex Cassa Centrale di Risparmio V.E. Da sempre si considera più sindacalista che bancario, infatti, già nel 1975, diventa dirigente sindacale. Allo stato attuale, è Segretario Provinciale della FABI, il Sindacato più rappresentativo di categoria, e, inoltre, è componente del Dipartimento Comunicazione e Immagine del Sindacato, che pubblica un mensile: La Voce dei bancari. (150.000 copie al mese). Nel 1978, inizia a collaborare con il Giornale di Sicilia, per cui lavora fino al 1994. Si iscrive all'Ordine dei Giornalisti nel gennaio del 1981. Per oltre 20 anni, collabora con Radio-Video-Mediterraneo e con altre emittenti locali, regionali e nazionali. Dal 1996 ad oggi, collabora con La Sicilia. Dal 1997 al 2004 è corrispondente Ansa da Vittoria , Ragusa e provincia.  Direttore Responsabile di periodici, ultimo in ordine di tempo: Il Mantello di Martino, molti lo considerano "specialista" di cronaca nera.  Sempre attento alle vicende politiche, economiche, giudiziarie, riesce ad essere un attento osservatore e un apprezzato cronista.

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