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“Tra naufragio e speranza”: La “magia della luce” nella poesia di Domenico Pisana

…di Ninnj Di Stefano Busà

Una grande raccolta quella che ci apprestiamo a recensire, esemplificativa perfino dal titolo: un senso di tensione intellettuale, dentro una preminenza di valori spirituali che fanno la differenza, soprattutto oggi, che la profonda crisi ha ridotto la società a mero consumismo e mercato dell’effimero, della vulnerabilità, del rischio, senza più valori interiori, senza alibi, senza aperture d’ali e in questo fantasmagorico gioco degli specchi, noi comparse di un circo di pagliacci, inesorabilmente soli, in una terra sconosciuta nella quale si produce lo scempio dell’umanità e l’azzeramento di quei significati, che ne promuovono ontologicamente la crescita e la speranza.
Il tutto dentro una disperante frattura che allontana sempre di più l’individuo dalla sua storia, dalla sua vicenda spirituale, da Dio.

Dalla raccolta “Tra naufragio e speranza” si evince subito un’analisi di contenuti che è l’impianto speculativo, essenzializzante di Pisana (poeta): una vena fortemente impregnata di determinazione morale, di principi che oggi appaiono quasi obsoleti.

Si tratta, a parer mio, di una raccolta ben individuata che ha dalla sua, soprattutto, la caratterizzazione di un percorso costruttivo/analitico finalizzato all’essere (in quanto tale): un andamento strutturale che sa analizzare senza compromettere stile e contenuti, i vari aspetti dell’ avventura umana, dentro un malessere generalizzato che preclude l’anima e la sua fascinosa nudità ragionata e sofferta; una meditazione interiorizzata a tal punto da divenire “mediazione” tra il sé e il mondo, in uno scavo individuale che indaga sulle problematiche del degrado e del disagio:

“La luce s’è chinata sulla realtà sensibile.
Ha baciato i filamenti del cuore
Racchiuso il destino nelle nostre mani/…/
Ci hanno reso signori della vita e della morte.”

Indicativo il senso di smarrimento, l’arroganza di un’ebbrezza che ha sostituito tout court la morale e la ragione, che sono prioritarie alla vita dell’essere, al suo modello originario e alle capacità di attraversamento del labirinto o del deserto che gli si presentano dinnanzi.
Domenico Pisana dà l’affondo in versi che accerchiano le fragili emozioni ormai divenute impercettibili, ma che pure “ le ali sbattono impazienti d’amore” , eppure continua a profferire il poeta, parole di speranza come ad es. “ attendo che l’erba torni a crescere. /La mia speranza è resistere agli agguati. (XIII pag. 80)

E’ una testimonianza di tensione lirico-morale, una pulsione consolatoria, bisognosa di punti di riferimento, che origina in interiore homine, quella di Pisana.

Forte e calibrato ci giunge il suo monito: “per ore e giorni mi provoca, fino a svelare misteri di trascendenza/ del falso e del vero;/ e ora, alla cattedra di quale giudice mi ha consegnato/ in questo mio cammino di silenzi e turbamenti?/”

Qui vi trova affinità con autori del passato, come dice l’autorevole prefatrice nell’introduzione; anch’io vi riconosco una traccia foscoliana, nel senso di un silenzio che perpetuerà la consapevolezza della mortalità e dell’oblio, ma non cancellerà memorie e Storia, perché le due cose hanno il timbro dell’eternità.

Colgo questo concetto dai versi: “Forse la morte cancellerà ogni traccia,/ l’impronta dei miei passi si coprirà di ragnatele,/ il mio pensiero sfumerà nelle fibre della notte/ e le parole si scioglieranno come eutanasia/ all’ombra dell’imperdonabile clessidra/ Una spugna cancellerà la memoria/…/”, per concludere infine con: “Quest’immagine resisterà all’oblio:/ rimarrà nel tempo/ come ultima offerta.”
Il valore oggettivante allora della ricerca del poeta è la magia della luce, quella luce intima e splendente che aleggia nel superuranio dell’uomo: il Verbo della trascendenza, la disperante solitudine di chi non ha fede e si orienta alla promiscuità di una morte da naufragio. Ed ecco riprendere forma e sostanza la dignità, la morale e la definizione di appartenenza ad un genere che dovrà sospingere la propria consapevolezza mentale e morale oltre gli anfratti della Tenebra. Una introspezione pienamente raggiunta e felicemente risolta con il pensiero rivolto alla Dimensione Eterna, a quella condizione di brodo originario da cui discendono gli accadimenti e gli eventi umani: una Trascendenza che racchiude e conchiude la speranza di tutte le nostre umane azioni. Domenico Pisana conclude che l’uomo non è perfetto ma perfettibile, solo se la sua pochezza sarà illuminata dalla Luce Divina.

La condizione ultima di una catarsi, di una purificazione storico-ontologica diventa universalità di primaria necessità, per uscire dal brodo cosmico che ci ha ridotti schiavi delle passioni e succubi del nostro stesso male, fino ad essere soggiogati, ed emarginati da Dio: “ non sono solo con Te, verità trinitaria, esodo del Verbo in me,/ luce invisibile sul mio visibile/ varco di speranza nelle stagioni della solitudine.

”Ed è a questa promanante certezza che fa appello il monito di Pisana, alla Verità che si fa Trascendenza , alla Spiritualità che si fa messaggera di Speranza e Luce, lo fa con un linguaggio e una potenza espressivi che sono il fulcro del nostro tempo, ma soprattutto del bisogno di vestire l’indifferenza e la solitudine di quell’etica di cui ogni essere umano ha necessità per progredire e crescere ontologicamente, salvando il bene ultimo la coscienza della propria dignità e il rispetto di se stesso.

Ninnj Di Stefano Busà

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