Vittoria. 08/04/2018
Morire di lavoro, morire mentre si sta lavorando, non solo questo è uno fra i più terribili paradossi del mondo del terzo millennio. Vantiamo una società tecnologica che si basa sull’immediatezza dell’informazione e vantiamo leggi che hanno l’obiettivo di tutelare i lavoratori, ma ancora si muore mentre si cerca di racimolare qualche soldo per vivere. Dopo la morte, dopo ogni tragedia, si cerca un responsabile, si cerca di capire, come e quando si è sbagliato. La vera responsabilità di queste morti ricade sulla società stessa, su di noi tutti. Il decreto legge n.81 del 2008 impone regole ferree in tutti gli ambienti di lavoro e sanzioni pesantissime, che molto spesso sfociano nel penale per chi non le rispetta. Eppure siamo indietro di secoli, ancora non basta per arginare un fenomeno primordiale che uccide tra l’indifferenza comune. Quello che manca nel Paese, è una cultura della prevenzione, la consapevolezza che permette a chi è preposto alla salvaguardia dei lavoratori, di rendersi conto che tutto può avere conseguenze drammatiche. Ma ciò che è peggio, è l’indifferenza e il menefreghismo, mentre assistiamo a tragedie immani con operai morti per aver respirato fibre di amianto sul posto di lavoro, morti nelle aziende agricole e chi più ne ha più ne metta, che alla fine si chiudono con la NON IDENTIFICAZIONE DI UN RESPONSABILE.
E come se non bastasse, si muore ancora perchè, pur essendoci un lavoro, il sopruso, la sopraffazione, ancora una volta l’indifferenza, creano disperazione e molto spesso, purtroppo, istigano a gesti irrazionali e senza possibilità di “ritorno”. Come il caso di ieri, quello che ha reso disperato protagonista, un giovane del luogo (non amiamo fare nomi anche se già resi pubblici) che si è suicidato a soli 31 anni, per avere guardato in avanti, nella strada del suo futuro di agricoltore, e non avere trovato una via di uscita.
Adesso tutti a batterci il petto, recriminare, provare compassione, esprimere giudizi non richiesti e giudicare. Ma adesso è tardi, bisognava agire prima, ma prima cosa abbiamo fatto? Nulla. Solo indifferenza, apatia e strafottenza.
Occorrono dunque, e non solo a parole, obiettivi precisi, interventi immediati anticrisi, una legge sulla debitoria, un intervento sui danni storici per le calamità, il ripristino di un credito di esercizio speciale a tasso zero o pari allo zero, il blocco immediato di importazione di prodotti agricoli da Paese terzi e la revisione dei regolamenti Ue.
Infine, è arrivato il momento di avviare una indagine parlamentare sulla filiera e la trasparenza dei prezzi all’origine, una lotta seria e responsabile alle agromafie, supportata da una task force speciale contro l’usura nelle campagne.
Revisione finalizzata Psr Sicilia e legge funzionale contro il caporalato. Questo per quanto riguarda l’agricoltura, mentre bisogna adottare provvedimenti analoghi per gli altri settori.
Se tutto ciò che abbiamo auspicato non sarà preso in considerazione e attuato, siamo un popolo senza futuro che spinge i giovani all’oblio e alla morte.

Di Giovanni Di Gennaro

Nato a Vittoria il 14 giugno 1952; completati gli studi superiori presso l'Istituto Magistrale di Vittoria, negli anni 70, anni in cui erano in servizio, docenti quali: Bufalino, Arena, Frasca, Traina e tanti altri nomi di prestigio, si iscrive a Roma presso la Facoltà di Psicologia. Non completa gli studi universitari e non consegue il diploma di laurea, in quanto nel 1973, viene assunto presso la ex Cassa Centrale di Risparmio V.E. Da sempre si considera più sindacalista che bancario, infatti, già nel 1975, diventa dirigente sindacale. Allo stato attuale, è Segretario Provinciale della FABI, il Sindacato più rappresentativo di categoria, e, inoltre, è componente del Dipartimento Comunicazione e Immagine del Sindacato, che pubblica un mensile: La Voce dei bancari. (150.000 copie al mese). Nel 1978, inizia a collaborare con il Giornale di Sicilia, per cui lavora fino al 1994. Si iscrive all'Ordine dei Giornalisti nel gennaio del 1981. Per oltre 20 anni, collabora con Radio-Video-Mediterraneo e con altre emittenti locali, regionali e nazionali. Dal 1996 ad oggi, collabora con La Sicilia. Dal 1997 al 2004 è corrispondente Ansa da Vittoria , Ragusa e provincia.  Direttore Responsabile di periodici, ultimo in ordine di tempo: Il Mantello di Martino, molti lo considerano "specialista" di cronaca nera.  Sempre attento alle vicende politiche, economiche, giudiziarie, riesce ad essere un attento osservatore e un apprezzato cronista.

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